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    Il carello della spesa e i salari italiani

    Il carrello della spesa e i salari italiani (2021–2025): un problema strutturale da affrontare
    LETTERA APERTA del Presidente.
    Cari soci e amici di Prendere Parola, come ci ripete spesso il nostro amico Adriano Serafino, c’è un problema che il sindacato e tutti noi dobbiamo affrontare con urgenza: come il carrello della spesa stia erodendo i salari e peggiorando le condizioni di vita di lavoratori, lavoratrici, pensionate e pensionati, soprattutto quelli con redditi più bassi. È il momento di parlarne seriamente.
    Vi propongo questa mia riflessione, come introduzione a un dibattito più ampio e valutare se la nostra Associazione è in grado di avanzare proposte concrete.
    Negli ultimi anni, l’inflazione non è stata un fenomeno temporaneo, ma un fattore che ha ridotto in modo significativo il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. Anche se l’inflazione generale sembra rallentare, i dati ci dicono che il carrello della spesa -ovvero i beni essenziali – continua a crescere più rapidamente dei salari. Questo crea un divario che i rinnovi contrattuali non riescono a colmare. Il risultato? Un impoverimento strutturale che si radica nella vita quotidiana delle famiglie italiane.

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    Una legge di bilancio senza visione sociale

    Prosegue l’iter di approvazione del disegno di legge sul bilancio di previsione dello Stato anno 2026. La Legge di Bilancio 2026, prevede interventi per circa 16 miliardi di euro, equivalenti allo 0,7% del PIL, finanziati attraverso un mix di maggiori entrate e razionalizzazione (riduzione?) della spesa pubblica. Tra gli obiettivi macroeconomici, la crescita del PIL è stimata allo 0,7% nel 2026, con un incremento progressivo fino allo 0,9% nel 2028; il rapporto deficit/PIL dovrebbe scendere dal 3% nel 2025 al 2,3% nel 2028, mentre il debito/PIL dovrebbe calare dal 137,8% al 136,4%, in parte grazie all’esaurirsi degli effetti del Superbonus.

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    Lo sciopero generale: importante segnale, ma si devono consultare RSU e lavoratori

    L’importanza di ricercare ostinatamente l’unità d’azione sindacale: nazionale, europea e internazionale.
    Lo sciopero generale della Cgil e della Usb e di altri sindacati di base di venerdì 3 ottobre a sostegno del popolo palestinese e dell’iniziativa di Flotilla, testimonia il sussulto della coscienza civile contro il massacro dei palestinesi e l’embargo israeliano degli aiuti, a sostegno della pace e sollecita la solidarietà internazionale e sanzioni contro Israele. Una risposta anche al blocco illegale e all’abbordaggio subito in acque internazionali dalla Flotilla da parte della Marina israeliana, che ora fa temere delle ritorsioni israeliane. Tutto ciò ha suscitato grande indignazione, in particolare tra i giovani. Forte il sostegno senza dimenticare il 7 ottobre.
    Le tre confederazioni storiche – che organizzano decine di migliaia di dirigenti sindacali a tempo pieno in Italia e centinaia di migliaia di RSU – possono fare molto per svolgere un ruolo
    fondamentale d’informazione e discussione sul documento dell’ITUC che arrivi fino ai milioni di lavoratori. Spostare l’opinione pubblica e quella dei lavoratori è un atto politico che può determinare cambiamenti significativi nel quadro politico italiano finalizzato al rilancio degli organismi sovranazionali e del ruolo dell’Onu, riformati e adeguati a gestire le sfide globali. Con le assemblee nelle aziende e con il dibattito pubblico sul documento dell’ITUC.

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    Una proposta da discutere, analizzare e approfondire

    Agli amici di Prendere Parola segnaliamo che il 25 Luglio 2025 è stata presentata presso la Biblioteca della Camera dei Deputati una Proposta di Legge, frutto di una attenta riflessione interdisciplinare, intitolata «La piena e buona occupazione, in particolare per giovani e donne» elaborata da economisti, giuristi, filosofi, sociologi e sindacalisti sotto l’egida della Società Italiana di Teoria Critica, l’iniziativa mira a contrastare la precarietà lavorativa e a promuovere un’occupazione stabile e di qualità, con particolare attenzione alle categorie più vulnerabili: giovani e donne.

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    Cisl, dove vai?

    Savino Pezzotta – Adriano Serafino

    Pubblicato in prima e seconda pagina de l’Unità di martedì 22 luglio 2025

    Molti di noi sono rimasti sorpresi, a volte basiti, nel vedere il progressivo avvicinamento della CISL ai contenuti e all’operato del governo di Giorgia Meloni. Troppe volte abbiamo considerato questo
    spostamento come una semplice scelta verticista dei gruppi dirigenti, ma non racconta l’intera storia delle cause. Le riflessioni che seguono cercano di individuare alcuni dei principali fattori di questa inusuale collocazione della Cisl.

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    Dopo 7 anni riparte un confronto tra Confederazioni e Confindustria

    Si parla di lavoro, dei salari e del caro vita, della sicurezza, del rinnovo dei contratti e della rappresentanza, della politica industriale e del costo dell’energia e altro ancora, ma non ESISTE una piattaforma unitaria, è necessario ricostruire unità d’intenti tra Cgil, Cisl e Uil.
    Questa nota è scritta in base alle dichiarazioni rilasciate dopo l’incontro del 26 giugno.
    In questa estate rovente che ben evidenzia che la crisi climatica è una realtà e non una fisima di studiosi e ambientalisti, anche sul fronte delle relazioni sociali qualcosa si, “scongela”.
    Ritengo importante l’incontro tra Confindustria e le Confederazioni Sindacali che si è svolto il 26 giugno a Roma perché, dopo tanto tempo di vuoto relazionale ci si rimette a confrontarsi e si pone al centro il lavoro, la sicurezza, i diritti, la contrattazione, i salari e la politica industriale. Ma attenzione: non tutto è oro quel che luccica. Dietro la facciata di un dialogo riaperto si nascondono e non sono superate le profonde divergenze tra le tre sigle sindacali, e se non verranno mediate rischieranno di rallentare o far fallire il confronto.